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Pilgrim at Sea
| Pär Lagerkvist
| Benché il successo di Barabba e il Premio Nobel nei 1951 l’avessero fatto conoscere al grande pubblico anche italiano, Pär Lagerkvist è stato in seguito quasi dimenticato; lasciato in disparte dai flussi delle mode. Ma la scarna semplicità della sua lingua, la linearità delle narrazioni, la capacità di costruire storie che, come Misteri medievali, hanno per soggetto le avventure dell’anima e per teatro lo spazio fra la terra e il cielo, pongono Lagerkvist nel numero dei «classici» per i quali giunge, prima o poi, il momento della rilettura. Due storie si intrecciano in Pellegrino sul mare: quella di Tobias, che parte per la Terra Santa imbarcandosi su una nave pirata, e quella di Giovanni, il vecchio marinaio che da anni percorre il mare perseguitato dal doloroso ricordo di una passione impossibile. Ma esiste la Terra Santa? Esiste una pace, una fede che giustifichi la nostra vita? Esiste l’amore perfetto? Sullo sfondo della violenza e della brutalità della vita di bordo e dell’inquieta e indifferente presenza del mare, nessuna risposta è possibile. È l’assenza la condizione umana, la separazione, la mancanza, come testimonia il medaglione vuoto che i personaggi di Lagerkvist si passano da un romanzo all’altro. I suoi ebrei erranti, le sue sibille, i vagabondi ricercatori di Dio e della verità, portano sempre dentro di sé quella nostalgia per una patria mai avuta e quella tensione verso un’improbabile terra promessa che sono nel fondo di tutti.
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